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L'agente municipale che non obbedisce all'ordine gerarchico e l'art. 329 del codice penale
La sesta sezione penale della Corte Suprema di Cassazione -
Varrà ricordare in proposito che la norma penale citata punisce "il militare o l'agente della forza pubblica, il quale rifiuta o ritarda indebitamente di eseguire una richiesta fattagli dall'Autorità competente nelle forme stabilite dalla legge", infliggendogli la pena della reclusione non superiore a due anni.
La Suprema corte si sofferma, in particolare, sulla nozione di "agenti di forza pubblica", ben più ampia di quella di agente di polizia giudiziaria (qualifica che comunque la legge 7 marzo 1986, n. 65, articolo 5 assegna al personale che svolge servizio di polizia municipale nell'ambito del territorio dell'ente di appartenenza e nei limiti delle proprie attribuzioni). Tali sono, ad avviso dei giudici di legittimità, gli agenti di pubblica sicurezza, i carabinieri, le guardie di finanza, i vigili del fuoco, gli agenti di custodia e le persone ad essi equiparate, nonché tutti quegli organismi pubblici non militarizzati i cui dipendenti sono investiti di potestà di coercizione diretta sulle persone e sulle cose ai fini dell'ordine e della sicurezza pubblica.
E', in definitiva, il potere coercitivo l'"ago della bilancia", in difetto del quale -
Ebbene, tra i poteri coercitivi, intesi come connotati dal legittimo uso della forza, rientrano a pieno titolo "quelli connessi con i settori della pubblica amministrazione riservati per legge alla competenza dei vigili urbani e inerenti alla funzione istituzionale loro propria, e in particolare quelli relativi alla disciplina della circolazione stradale ed al controllo della regolarità degli esercizi commerciali".
Un'ultima notazione attiene all'identificazione dell'ordine emanato dalle competenti autorità cui l'agente di forza pubblica-