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Guida in stato di ebbrezza: confisca "obbligatoria" esclusa in caso di proscioglimento

Con la sentenza 11 febbraio - 30 marzo 2009, n. 13831, la Corte di Cassazione, IV sezione penale, interviene sulla corretta interpretazione della previsione dell'art. 186, comma 2, lett. c) del Codice della strada, là dove dispone che sia sempre disposta, con la sentenza di condanna (o di applicazione della pena a richiesta delle parti, cd. patteggiamento), la confisca del veicolo con il quale è stato commesso il reato "ai sensi dell'articolo 240, secondo comma, del codice penale".

cartellino segnatempo

Afferma la Suprema corte che il surriportato richiamo alla disposizione del Codice penale che prevede i casi di confisca obbligatoria (n. 1): "cose che costituiscono il prezzo del reato"; n. 2): "cose, la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione e l'alienazione delle quali costituisce reato, anche se non è stata pronunciata condanna") vale non ad includere in tale novero anche la suddetta fattispecie del C.d.S., ma semplicemente a rimarcare l'obbligatorietà della confisca sempre che il veicolo non appartenga a persona diversa al reato e che sia stata pronunciata sentenza di condanna o di patteggiamento.
"Il veicolo - si legge nella pronuncia - non è una ex se una res tale da non poter restare in circolazione prescindendo dal soggetto che ne aveva la disponibilità e dall'esito del giudizio, ma una res da considerarsi pericolosa solo in relazione a quel soggetto trovato in (grave) stato di ebbrezza (o che si è rifiutato di sottoporsi all'accertamento ..."; altra ipotesi per la quale è prevista l'obbligatorietà, ndr), ed ovviamente all'esito dell'accertamento giudiziale della attribuibilità del fatto-reato al soggetto cui è stata sottratta la disponibilità della res con il sequestro".   
Pertanto, come già in passato chiarito dalla stessa Corte per il denaro esposto nel gioco d'azzardo e per gli arnesi od oggetti allo scopo utilizzati (anche per essi, difatti, la norma di riferimento - art. 722 c.p. - utilizza la formula "è sempre ordinata la confisca"), la misura non può disporsi anche nel caso di proscioglimento e/o di estinzione del reato, ciò che invece sarebbe possibile per tutte le altre categorie di cose enunciate all'art. 240, secondo comma c.p..
Non assimilazione dunque, ma richiamo all'obbligatorietà della confisca in presenza delle condizioni stabilite dal Codice della strada (ed in particolare del definitivo accertamento giudiziale del reato).
Altra conseguenza operativa è in tema di sequestro: smentendo sul punto il Tribunale di Milano, i Giudici di legittimità escludono l'applicazione dell'art. 324, comma 7 del codice di procedura penale che, come noto, preclude tout court la restituzione dei beni soggetti a confisca obbligatoria. In altre parole, non si può disporre e sopratutto mantenere un sequestro per il solo fatto (errato) che l'autoveicolo sia destinato invariabilmente alla confisca; a "sorreggere" il sequestro occorrerà comunque il fondamentale presupposto del fumus del reato, evincibile dalle indagini. Per cui se, ad es., il sequestro venisse disposto in mancanza di esame alcolimetrico e di acccertamento di condizioni soggettive dell'interessato, dunque in carenza di elementi di fatto da cui poter oggettivamente trarre la sostenibilità dell'astratta configurazione dell'illecito e della sua ipotetica riconducibilità al conduttore (salvo, comunque, l'accertamento definitivo in sede giudiziale), esso sarebbe inevitabilmente destinato ad essere annullato in sede di riesame.
La vera ratio della norma, in definitiva, è quella di impedire - purchè, come detto, sia accertato quantomeno il fumus del reato - che l'interessato, tornato in possesso del veicolo ad esito di dissequestro ottenuto ad es. perchè ritenuto carente il pericolo di reiterazione/aggravamento del reato, lo ceda a terzi o lo "rottami", impedendone cosi di fatto la successiva confisca (obbligatoria, nel corretto senso sopra specificato).


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