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Cons. Stato, sez. VI, sent. nr. 4489/06 del 28.04.2006

Le armi ad aria o a gas compressi possiedono le caratteristiche di scarsa offensività e possono essere acquistate da qualsiasi soggetto maggiorenne, munito di valido documento di riconoscimento ma, pur non rientrando nella categoria delle comuni armi da sparo, rientrano nella più ampia categoria di "armi", intese come strumenti atti ad offendere e sottoposti a rigorosa disciplina dall'art. 4, comma 1 della legge 18.4.1975, n. 110

Consiglio di Stato Sezione 6
Sentenza del 9 febbraio 2009, n. 727
Integrale


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Sesta)

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 5623/07, proposto dal signor Am. Ca., rappresentato e difeso dall'Avv. Fu. Fi. ed elettivamente domiciliato presso l'Avv. Ni. Ca. in Ro., via C. Mo., (...);

contro

- LA PREFETTURA DI Mi., in persona del Prefetto in carica,

- LA QUESTURA DI Mi., in persona del Questore in carica,

rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati in Ro., via dei Po., (...);

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sede di Milano, sez. I, n. 468/07 del 21.3.2007;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio delle parti intimate;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Alla pubblica udienza del 25 novembre 2008 relatore il Consigliere Gabriella De Michele;

Udito l'avv. dello Stato St.;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO E DIRITTO

Attraverso l'atto di appello in esame, notificato il 18.7.2007 si impugna la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sede di Milano, sez. I, n. 468/07 del 21.3.2007 (che non risulta notificata), con la quale veniva respinto il ricorso proposto dal sig. Am. Ca. - attuale appellante - avverso il decreto prefettizio recante divieto di detenzione di armi, munizioni ed esplosivi (n. prot. 12B/16PIsett. Del 9.5.2002), nonchè della consequenziale revoca della licenza di caccia (decreto del Questore di Mi. n. prot. 507608/Div.P.A.S./Cat. 6 F del 20.6.2002). Detti provvedimenti risultavano emessi a seguito di un singolo episodio, verificatosi in data 18.10.2001 e conosciuto a seguito di segnalazione telefonica al locale comando dei carabinieri: questi ultimi rilevavano infatti l'uso improprio di una carabina ad aria compressa (utilizzata per sparare diversi colpi in direzione di un albero, sul quale si sarebbero trovati dei piccioni) da parte di persona amica - priva di licenza ed inesperta nell'uso delle armi - del citato sig. Am. Ca., persona alla quale quest'ultimo avrebbe concesso l'uso dell'arma, con ciò dando prova di non offrire egli stesso sufficienti garanzie di diligente custodia della medesima.

Nella sentenza appellata si richiama l'ampia discrezionalità dell'Amministrazione per il rilascio delle autorizzazioni di PS e, in particolare, di quelle inerenti l'uso di armi: in tal senso l'art. 43 del R.D. 18.6.1931, n. 773 (Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza) dispone infatti, testualmente, che la licenza di porto d'armi possa essere ricusata a chi non dia affidamento di non abusare delle armi stesse.

In sede di appello l'interessato - da oltre trenta anni dirigente della Federazione italiana della Caccia e Presidente della sezione comunale Federcaccia di Bu. - sottolinea l'avvenuta estinzione del procedimento penale per prescrizione e fornisce giustificazioni circa l'avvenuto deposito dell'arma in luogo sicuro (in occasione di una visita all'amico con il fucile da provare, con successiva esigenza di momentaneo allontanamento a seguito di una telefonata della figlia, previo deposito dell'arma all'interno di una cassapanca a casa dell'amico stesso).

La carabina in questione, inoltre, avrebbe modesta capacità offensiva e non sarebbe assimilabile alle armi comuni da sparo, con conseguente avvenuta violazione - da parte dell'Amministrazione - del D.L. 336/2001 convertito in legge n. 377/2001 e del D.M. del M. Interno n. 362/2001, nonché violazione degli articoli 42 e 43 del R.D. n. 773/1931.

L'Amministrazione appellata, costituitasi in giudizio, resiste formalmente all'accoglimento dell'impugnativa.

Premesso quanto sopra - e valutata la documentazione in atti - il Collegio ritiene che l'appello non possa trovare accoglimento.

E' vero, infatti, che le armi ad aria o a gas compressi possiedono le caratteristiche di scarsa offensività sopra precisate e possono essere acquistate da qualsiasi soggetto maggiorenne, munito di valido documento di riconoscimento (art. 1, comma 1 e 7, comma 3, del citato D.M. 9.8.2001, n. 362); è anche vero, però, che le armi cosiddette "da bersaglio da sala", pur non rientrando nella categoria delle comuni armi da sparo, rientrano nella più ampia categoria di "armi", intese come strumenti atti ad offendere e sottoposti a rigorosa disciplina dall'art. 4, comma 1 della legge 18.4.1975, n. 110 (cfr. in tal senso Cass. pen., sez. I, 11.5.2006, n. 27783).


In base a quest'ultima disciplina, in particolare, gli strumenti offensivi in questione non possono essere portati fuori dalla propria abitazione o dalle appartenenze di essa, ovvero in riunioni pubbliche. Non appare irragionevole che i contravventori alle disposizioni sopra indicate, oltre ad incorrere nelle sanzioni (arresto e ammenda) previste dal medesimo art. 4 L. n. 110/1975, possano in determinate circostanze essere ritenuti inidonei anche al possesso di armi da fuoco, tenuto conto dell'ampia discrezionalità, riconosciuta al riguardo all'Autorità amministrativa, ex art. 43, comma 2, R.D. 18.6.1931, n. 773 (Testo Unico delle leggi di pubblica sicurezza; cfr. anche in tal senso, per il principio, Cons. St., sez. VI, 28.3.2007, n. 1432 e 17.12.2007, n. 6477).

Ferma restando, dunque, l'insindacabilità nel merito del contestato provvedimento della predetta Autorità, non appaiono ravvisabili nel caso di specie quei fattori di illogicità o travisamento, che costituiscono i parametri del sindacato di legittimità sugli atti discrezionali, tenuto conto dell'allarme sociale, sia pure indirettamente provocato dall'appellante, che non senza leggerezza aveva lasciato un'arma nella disponibilità di altro soggetto, rendendo possibile l'utilizzazione dell'arma stessa in un centro abitato, anche soltanto per allontanare alcuni uccelli, ma non senza qualsiasi rischio per gli abitanti della zona e comunque suscitando comprensibili timori, tali da giustificare l'intervento della Forza Pubblica.

Per le ragioni esposte, in conclusione, il Collegio ritiene che l'appello debba essere respinto; quanto alle spese giudiziali, tuttavia, le caratteristiche dell'episodio contestato e le spiegazioni fornite dall'interessato ne rendono equa la compensazione

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, RESPINGE il ricorso in appello indicato in epigrafe; COMPENSA le spese giudiziali.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, il 25 novembre 2008 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sez. VI -, riunito in Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:

Claudio Varrone Presidente

Paolo Buonvino Consigliere

Aldo Scola Consigliere

Roberto Garofoli Consigliere

Gabriella De Michele Consigliere est.

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 09/02/2009

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

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