Verbali pagati online: Corte Costituzionale ordinanza n. 79/17

Corte Costituzionale, ordinanza 22 marzo – 12 aprile 2017, n. 79
Presidente Lattanzi – Redattore Amato

Ordinanza

Nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 202, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), promosso dal Giudice di pace di Palermo, nel procedimento vertente tra A. D.V., Comune di Palermo e altra, con ordinanza del 4 maggio 2016, iscritta al n. 191 del registro ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell’anno 2016.
Visti l’atto di costituzione di A. D.V., nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 22 marzo 2017 il Giudice relatore Giuliano Amato;
uditi l’avvocato Fabrizio Di Maria per A. D.V., e l’avvocato dello Stato Giuseppe Albenzio per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto che, con ordinanza del 4 maggio 2016, il Giudice di pace di Palermo ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 202, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella parte in cui, pur prevedendo il bonifico bancario tra le possibili modalità di pagamento delle sanzioni amministrative pecuniarie, non contiene alcuna previsione in ordine all’effetto solutorio in caso di pagamento effettuato con tale mezzo;
che, secondo quanto riferito dal rimettente, nel giudizio a quo, avente ad oggetto l’opposizione avverso una cartella esattoriale per il pagamento di una sanzione prevista dal codice della strada, la parte opponente chiede l’annullamento della cartella, deducendo di avere tempestivamente provveduto al pagamento della sanzione con bonifico bancario; viceversa, l’amministrazione opposta ritiene tardivo il pagamento, poiché esso, sebbene effettuato nei termini, sarebbe concretamente pervenuto alla stessa amministrazione dopo la scadenza del termine;
che, ad avviso del rimettente, la mancanza di una disciplina dell’effetto solutorio del pagamento con bonifico determinerebbe un’ingiustificata disparità di trattamento tra chi esegua il pagamento scegliendo tale modalità e chi si avvalga, invece, del versamento in conto corrente postale; nel primo caso, infatti, il debitore avrebbe a disposizione un termine inferiore a quello previsto dallo stesso art. 202, poiché l’adempimento si verificherebbe con l’accredito della somma nel conto corrente dell’ente creditore; viceversa, l’art. 4, comma 6, del d.P.R. 14 marzo 2001, n. 144 (Regolamento recante norme sui servizi di bancoposta) prevede l’immediato effetto solutorio del versamento in conto corrente postale;
che la riduzione del termine, oltre a non essere quantificabile da parte del debitore, essendo variabile in base ai meccanismi telematici dell’istituto erogante, sarebbe tale da creare incertezza sulla tempestività dei pagamenti; inoltre, la disparità di trattamento rispetto ai pagamenti effettuati con versamento in conto corrente postale sarebbe resa più evidente dalla circostanza che anche in caso di pagamento tramite bonifico bancario si verificherebbe, immediatamente dopo l’effettuazione della operazione, il contestuale prelievo della valuta dal conto corrente del debitore;
che, con atto depositato il 25 ottobre 2016, è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o, comunque, infondata;
che, in via preliminare, la difesa statale ha eccepito l’inammissibilità della questione sollevata in riferimento all’art. 24 Cost., per difetto di motivazione in ordine alla non manifesta infondatezza;
che sarebbe, altresì, inammissibile la questione relativa alla violazione dell’art. 3 Cost., «per la omissione da parte del Giudice remittente di uno sforzo ermeneutico ad ampio raggio», nonché per l’incompleta ricostruzione del quadro normativo, non avendo il rimettente considerato l’art. 17-quinquies del decreto-legge 14 febbraio 2016, n. 18 (Misure urgenti concernenti la riforma delle banche di credito cooperativo, la garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze, il regime fiscale relativo alle procedure di crisi e la gestione collettiva del risparmio), convertito, con modificazioni, dalla legge 8 aprile 2016, n. 49, il quale sarebbe risolutivo della questione sollevata;
che, in ogni caso, la difesa statale ritiene non fondata la questione sollevata in riferimento all’art. 3 Cost., non ravvisando alcuna disparità di trattamento, in quanto, ancor prima dell’ordinanza di rimessione, l’art. 17-quinquies del d.l. n. 18 del 2016 ha chiarito, con una norma d’interpretazione autentica, che il primo e il secondo periodo del comma 1 dell’art. 202 del codice della strada si interpretano nel senso che – per i pagamenti diversi da quelli in contanti o tramite conto corrente postale – l’effetto liberatorio del pagamento si produce se l’accredito a favore dell’amministrazione avviene entro due giorni dalla data di scadenza del pagamento;
che, pertanto, chi scelga di effettuare il pagamento mediante bonifico bancario non avrebbe a disposizione un termine inferiore rispetto a chi scelga di effettuare il versamento in conto corrente postale, essendo consapevole del termine previsto per l’effetto solutorio del bonifico, il quale si produce se l’accredito a favore dell’amministrazione avvenga entro due giorni dalla data di scadenza del pagamento; in questo modo, il pagamento mediante bonifico sarebbe stato equiparato alle altre modalità di pagamento, e non si determinerebbe alcuna lesione per il soggetto obbligato, in funzione della modalità solutoria prescelta;
che la difesa statale sottolinea, inoltre, la differente natura giuridica e disciplina dei diversi strumenti di pagamento; infatti, mentre il pagamento mediante contanti ed il versamento in conto corrente postale producono un immediato effetto estintivo del credito vantato dall’amministrazione, la stessa immediatezza non sarebbe possibile per quello effettuato mediante strumenti di pagamento elettronici; ciò in quanto il bonifico bancario configurerebbe un rapporto giuridico di tipo obbligatorio consistente nell’incarico impartito da un terzo alla banca di accreditare al beneficiario la somma oggetto della provvista; l’esecuzione degli incarichi da parte della banca richiederebbe, quindi, specifici tempi tecnici di accredito, derivanti dalla stessa natura giuridica dello strumento di pagamento, non essendo inusuali anomalie o incompletezze nell’ordine di pagamento, ovvero nella fase di esecuzione della transazione, le quali potrebbero, in concreto, ritardare l’accredito a favore dell’amministrazione;
che non sarebbe, d’altra parte, rinvenibile alcuna violazione del principio di uguaglianza formale e di ragionevolezza in conseguenza della modalità solutoria prescelta; sarebbe, viceversa, del tutto legittima la previsione di ragionevoli criteri di differenziazione, necessitati dalla diversa natura giuridica dei vari strumenti di pagamento;
che, con memoria depositata il 19 ottobre 2016, si è costituito in giudizio A. D.V., parte opponente nel giudizio a quo, chiedendo che la questione sia dichiarata fondata;
che, in particolare, la parte privata riferisce, in punto di fatto, di avere ricevuto il 3 ottobre 2012 la notifica di un verbale di contestazione di una violazione al codice della strada e di aver provveduto il 1° dicembre 2012 al pagamento della relativa sanzione mediante bonifico bancario on line in favore del Comando della Polizia Municipale di Palermo; di avere, in seguito, ricevuto la notifica di una cartella esattoriale per la medesima sanzione, avverso la quale è stata proposta opposizione, ai sensi dell’art. 615 del codice di procedura civile; in questo giudizio, pur dando atto dell’avvenuto pagamento, l’amministrazione ha contestato la tardività dell’accredito rispetto al termine previsto dall’art. 202, comma 1, del codice della strada;
che la parte privata rileva che, in base all’art. 17, comma 3, del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 11 (Attuazione della direttiva 2007/64/CE, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, recante modifica delle direttive 97/7/CE, 2002/65/CE, 2005/60/CE, 2006/48/CE, e che abroga la direttiva 97/5/CE), l’ordine di pagamento impartito con la richiesta di bonifico può essere revocato entro la giornata precedente il giorno concordato per l’addebito; pertanto, osserva la parte privata, l’istituto di credito potrebbe avviare l’esecuzione di tale ordine soltanto il giorno lavorativo successivo, differendo così il momento dell’accredito; si osserva, inoltre, che tra l’esecuzione del bonifico on line e l’accredito sul conto del beneficiario possono trascorrere anche tre giorni, attesa la necessità del trasferimento della somma dal conto del prestatore di servizi del pagatore al prestatore di servizi del beneficiario, il quale, a sua volta, deve versarlo sul conto di quest’ultimo;
che da ciò discenderebbe che chi intenda pagare con un metodo diverso dal versamento in conto corrente postale, per essere certo di adempiere tempestivamente, sarebbe costretto ad effettuare l’operazione in anticipo rispetto alla scadenza;
che il problema non sarebbe stato risolto dalla norma interpretativa introdotta dal d.l. n. 18 del 2016; ad avviso della parte privata, infatti, sarebbe stata più utile la previsione dell’effetto solutorio al momento dell’addebito sul conto del debitore, in quanto la fase esecutiva del bonifico sarebbe estranea al controllo di questi, essendo regolata dalle norme interne all’istituto bancario, le quali sono diverse per ciascun istituto;
che laddove, come avvenuto nel caso di specie, il termine di pagamento della sanzione venga a scadere nelle giornate di venerdì o sabato ed il debitore effettui il bonifico in quelle giornate, potrebbe accadere che la somma non sia ricevuta dal beneficiario prima del mercoledì successivo, laddove l’istituto bancario del debitore sia operativo soltanto dal lunedì; in questo caso, potrebbero decorrere più dei due giorni previsti dall’art. 17-quinquies del d.l. n. 18 del 2016;
che, con riferimento al caso in esame, il debitore – effettuando il pagamento con bonifico bancario – avrebbe avuto a disposizione un termine inferiore e non determinabile ex ante, in quanto l’effetto solutorio dipenderebbe dai tempi di lavorazione di ciascuna banca, la quale potrebbe eseguire il trasferimento di denaro anche diversi giorni dopo la richiesta del debitore; ciò determinerebbe una disparità di trattamento rispetto a chi paghi con versamento in conto corrente postale o bancario, il quale potrebbe avvalersi dell’intero periodo di tempo previsto per il pagamento;
che, ad avviso della parte privata, la giurisprudenza costituzionale avrebbe desunto dal principio di uguaglianza, di cui all’art. 3 Cost., un «generale canone di coerenza dell’ordinamento normativo» (sono citate le sentenze n. 204 del 1982 e n. 25 del 1966), suscettibile di modulazioni a seconda delle molteplici realtà normative; dal principio di eguaglianza formale sarebbe possibile ricavare anche un generale principio di non discriminazione, il quale risulterebbe violato «anche quando la legge, senza un ragionevole motivo,  faccia un trattamento diverso ai cittadini che si trovino in eguali situazioni» (viene citata la sentenza n. 15 del 1960);
che l’eguaglianza formale, ancorché non imponga un obbligo di adottare differenziazioni normative, richiederebbe ragionevoli criteri di differenziazione, che nel caso in esame dovrebbero consistere nella previsione di termini differenziati di adempimento dell’obbligazione, in funzione del metodo di pagamento utilizzato;
che la disposizione censurata non potrebbe, quindi, superare il giudizio di ragionevolezza, non prevedendo tempi differenti, riferibili alle diverse modalità di assolvimento dell’obbligazione; essa sarebbe, quindi, illegittima nella parte in cui non prevede che si verifichi l’effetto liberatorio del pagamento con bonifico, o altro strumento di pagamento elettronico, al momento dell’addebito sul conto del medesimo debitore.
Considerato che il Giudice di pace di Palermo ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 202, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella parte in cui, pur prevedendo il bonifico bancario tra le possibili modalità di pagamento delle sanzioni amministrative pecuniarie, non contiene alcuna previsione in ordine all’effetto solutorio in caso di pagamento effettuato con tale mezzo;
che, ad avviso del rimettente, tale lacuna normativa determinerebbe un’ingiustificata disparità di trattamento tra chi esegua il pagamento con bonifico bancario e chi si avvalga, invece, del versamento in conto corrente postale; nel primo caso, il debitore avrebbe a disposizione un termine inferiore a quello previsto dal comma 1 dello stesso art. 202, poiché l’adempimento si verifica al momento dell’accredito della somma nel conto corrente dell’ente creditore; viceversa, l’art. 4, comma 6, del d.P.R. 14 marzo 2001, n. 144 (Regolamento recante norme sui servizi di bancoposta) prevede l’immediato effetto solutorio del versamento effettuato in conto corrente postale;
che, tuttavia, la motivazione dell’ordinanza di rimessione non contiene i riferimenti temporali del pagamento, avuto riguardo alla contestazione della sua tardività; in particolare, non sono fornite indicazioni in ordine alla data in cui è stato impartito l’ordine di bonifico, a quella dell’addebito dell’importo sul conto corrente del debitore, nonché al momento dell’accredito sul conto corrente dell’amministrazione creditrice; non è neppure specificato se l’ordine di bonifico è stato impartito on line, ovvero tramite lo sportello dell’istituto bancario, né se la contestata tardività del pagamento sia riferita al termine di 60 giorni, ovvero a quello di 5 giorni, entrambi previsti dall’art. 202, comma 1, del codice della strada, ai fini della possibilità di beneficiare della riduzione;
che – in mancanza di ogni riferimento temporale e di indicazioni sulle modalità in concreto utilizzate per il pagamento nell’ordinanza di rimessione – non è possibile in base ad essa valutare se, ed in quale modo, la scelta del bonifico bancario abbia influito sul rispetto dei termini di cui all’art. 202, primo comma, del codice della strada;
che – alla luce del principio di autosufficienza dell’ordinanza di rimessione – la lacunosa ricostruzione della fattispecie oggetto del giudizio a quo, in quanto preclusiva della possibilità di verifica in ordine alla rilevanza della questione, si risolve nella sua inammissibilità (ex multis, sentenze n. 276 e n. 97 del 2016, n. 56 del 2015; ordinanze n. 209, n. 52 e n. 36 del 2015);
che, sotto un diverso ed ulteriore profilo, va rilevato che, nel sollevare la questione di legittimità costituzionale dell’art. 202, comma 2, del d.lgs. n. 285 del 1992, nella parte in cui non contiene alcuna previsione in ordine all’effetto solutorio del pagamento effettuato mediante bonifico bancario, è stata omessa qualsiasi considerazione in ordine all’art. 17-quinquies del decreto-legge 14 febbraio 2016, n. 18 (Misure urgenti concernenti la riforma delle banche di credito cooperativo, la garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze, il regime fiscale relativo alle procedure di crisi e la gestione collettiva del risparmio), convertito, con modificazioni, dalla legge 8 aprile 2016 n. 49, entrato in vigore prima dell’ordinanza di rimessione;
che tale disposizione stabilisce, con norma di interpretazione autentica dell’art. 202, comma 1, primo e secondo periodo, del codice della strada, che tali disposizioni «si interpretano nel senso che, per i pagamenti diversi da quelli in contanti o tramite conto corrente postale, l’effetto liberatorio del pagamento si produce se l’accredito a favore dell’amministrazione avviene entro due giorni dalla data di scadenza del pagamento»;
che, pertanto, a causa di un’incompleta ricostruzione del quadro normativo, il rimettente erra nel ritenere inesistente una disciplina dell’effetto solutorio del pagamento mediante bonifico bancario delle sanzioni pecuniarie previste dal codice della strada;
che l’incompleta ricostruzione del quadro normativo di riferimento compromette irrimediabilmente l’iter logico-argomentativo posto a fondamento della valutazione di non manifesta infondatezza della questione, così da determinarne, anche sotto questo profilo, la manifesta inammissibilità (ex plurimis, sentenze n. 60 e n. 18 del 2015; ordinanze n. 153 e n. 136 del 2016, n. 209, n. 115, n. 90 e n. 27 del 2015).

Per questi motivi
la Corte Costituzionale

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 202, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Giudice di pace di Palermo, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

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