L’uso del servizio igienico nei pubblici esercizi

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I pubblici esercizi (bar, ristoranti ecc.) non possono essere attivati se  non sono dotati di un servizio igienico ma chi può usufruire del suddetto servizio?

L’articolo prende lo spunto da un servizio pubblicato su un quotidiano in cui si afferma quanto segue:

VENEZIA. Un euro per andare al bagno nel bar o nel ristorante dove non si è consumato nulla. E con tanto di scontrino fiscale. Accade in un locale del Lido di Venezia, il Roxy, dove  – come riporta La Nuova Venezia – il titolare Adriano Cimò, delegato di zona dell’Associazione pubblici esercizi ha deciso di mettere un punto all’invasione dei turisti nella sua toilette.

In effetti il Regio Decreto 6 maggio 1940 n. 635 e cioè il Regolamento  del T.U. delle Leggi di Pubblica Sicurezza (T.U. 773/1931) afferma all’articolo 187:

“Salvo quanto dispongono gli artt. 689 e 691 del codice penale, gli esercenti non possono senza un legittimo motivo, rifiutare le prestazioni del proprio esercizio a chiunque le domandi  e ne corrisponda il prezzo.”

Preso atto che gli articoli 689 e 691 trattano di bevande alcoliche e quindi non interessano la situazione in argomento pare chiaro che l’esercente non possa rifiutare una prestazione, previo pagamento del prezzo, senza un legittimo motivo.

Ma il servizio igienico può essere considerato una prestazione? E se è una prestazione deve essere inserita nel listino con il suo prezzo? Oppure se non è  inserito nel listino prezzi è ovviamente gratis?

Non è certo da biasimare il titolare dell’esercizio se chiede una prestazione perché accade spesso che davanti ad un bar si fermi un autobus turistico e che una cinquantina di persone affollino l’esercizio magari solo per usufruire del bagno non tralasciando neppure il fatto che non siamo tutti rispettosi ed educati e che quindi tutti i bagni hanno necessità di essere puliti a dovere. Solo costi quindi?

Come contenersi, allora?

Per rispondere a questa domanda è illuminante la sentenza del Tar Toscana (numero 691 del 18 febbraio 2010) secondo cui l’uso del bagno nei pubblici esercizi è un servizio privato fornito ai clienti e non un servizio pubblico a disposizione dei passanti.

“È agevole ribattere dice la sentenza – che una cosa è l’attività di pulizia e manutenzione di un locale destinato ad uso bagno, se ne possono far uso un numero limitato ed in una certa misura preventivabile di persone; tutt’altra cosa è tale attività, se a poter fruire del locale destinato a bagno è la generalità del pubblico, cioè, all’occorrenza, masse di persone ingenti e non predeterminabili (si pensi ad esempio agli afflussi di pubblico, formato non soltanto da turisti, in occasione di famose manifestazioni culturali e cerimonie)”.

Insomma, in medio stat virtus, cioè la soluzione sta spesso nel mezzo per cui occorre una via di mezzo per soddisfare cliente e gestore ed uno di questi (complimenti) ha trovato la soluzione con questo cartello.

Dr. Franco Simoncini
Dirigente/Comandante Polizia Municipale a r.

agosto 2018

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