L’attività di Polizia Giudiziaria utile al Giudice

Nello svolgimento delle funzioni di p.g. ci impegniamo a mettere in pratica le norme contenute nel libro V titolo IV del c.p.p. rubricato “ attività a iniziativa della polizia giudiziaria” e quella del successivo Titolo V sull’attività del p.m. qualora agissimo su delega.

Credo però sia utile occuparsi anche dei metodi e dei principi logici che  il giudice segue per pronunciare la sentenza; iter legato alla prova penale che in parte la p.g. aiuta a formare, posto che il sistema accusatorio si basa sul principio dialettico in cui le funzioni processuali sono ripartite tra soggetti che hanno interessi contrapposti quali l’accusa e la difesa.

Il giudice decide sulla base delle prove ricercate da questi, operando anche una scelta tra le rispettive ricostruzioni.

Come ragiona il giudice e in che modo la p.g. lo aiuta a formare il suo libero convincimento?

Egli deve accertare in primo luogo, se l’imputato ha commesso il fatto descritto nell’imputazione formulata dal p.m. già nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415 bis c.p.p. con la richiesta di rinvio a giudizio.

Il giudice deve interpretare la norma penale e con un sillogismo verificare se il fatto storico ricostruito attraverso le prove è conforme al fatto tipico previsto dalla norma di legge che si assume violata.

Questo giudizio di conformità è contenuto nel dispositivo della sentenza: se il fatto storico è conforme al fatto tipico il giudice condanna, se non lo è il giudice assolve con una delle formule previste dall’art. 530 c.p.p.

Nell’accertamento del fatto storico la p.g. svolge un ruolo determinante nella fase delle indagini preliminare che si riverbera inevitabilmente nella fase dibattimentale.

La p.g. raccoglie fonti di prova e indizi voltI ad indurre nel giudice il convincimento che il fatto storico sia avvenuto in un determinato modo: per il giudice la verità processuale si ritiene raggiunta quando l’ipotesi sull’esistenza di un fatto storico corrisponde alla ricostruzione del fatto stesso ottenuta tramite prove.

Ricerca le fonti di prova come le persone e le cose in grado di fornire elementi di prova, posto che un fatto umano lascia inevitabilmente dei ricordi nella memoria delle persone e delle tracce nei luoghi dove si è verificato. A tale fine si procede ad interrogatori e sequestri.

Assicura il mezzo di prova utile per la decisione quale la testimonianza. Per questo scopo la p.g. fin dal primo intervento dovrà identificare i possibili testimoni tenendo ben presente che ai sensi dell’art. 192 c.p.p. la loro dichiarazione dovrà essere valutata in aula nel contraddittorio, pertanto la loro credibilità dovrà essere verificata attentamente fin dall’inizio.

Occorre partire dall’assunto che ai sensi del 1° comma dell’art. 187 c.p.p. il primo oggetto di prova è il fatto contenuto nell’imputazione cioè il fatto storico addebitato all’imputato.

Da qui si capisce l’importanza delle indagini preliminari. Purtroppo ho sentito colleghi fin troppo frettolosi dire “ tu manda in Procura poi ci pensa il p.m.!”

Ci sono riti speciali dove la decisione viene presa “res sic stantibus” in cui i verbali della p.g. vengono immediatamente utilizzati dal giudice per la decisione.

Ancora, si pensi agli atti irripetibili redatti dalla p.g. che confluiscono direttamente nel fascicolo del dibattimento ex art. 431 c.p.p. e, che possono essere visionati dal giudice il quale fino a quel momento non conosce gli atti di causa.

Mentre nel sistema inquisitorio il giudice cumula tutte le funzioni per cui il sistema delle prove non abbisogna di una compiuta regolamentazione, in quello accusatorio il giudice è terzo rispetto le parti e decide sulla base delle prove ricercate da accusa e difesa, per cui è fondamentale che le modalità di ricerca, di assunzione e verbalizzazione delle stesse sia disciplinato minuziosamente.

Volendo quindi indirizzare l’attività di p.g. in modo speculare rispetto quella svolta dal giudice volta alla emissione della sentenza, occorre muoversi ontologicamente dal punto di vista di questo.

Il giudice, come sopra accennato, deve dare un giudizio di valore a degli accadimenti naturalistici – deve cioè verificare se il fatto storico sottoposto al suo esame, e ricostruito tramite le prove, sia sussumibile nella norma incriminatrice (fatto tipico).

Quindi, la p.g, nel suo operato dovrà essere obiettiva e razionale perché ogni “inquinamento” di parzialità portato avanti nel corso delle indagini preliminari, sarà inevitabilmente demolito nel corso del contraddittorio che è la vera anima del sistema accusatorio.

L’assicurazione delle fonti di prova nella fase delle indagini preliminari deve essere propedeutica a fornire quegli elementi di prova dai quali ricavare il c.d. risultato probatorio, in soldoni da un fatto noto, ad esempio la dichiarazione di un testimone, si ricostruisce un fatto avvenuto nel passato: Tizio dichiara di aver visto Caio sparare. Per ottenere da questo un risultato probatorio occorre accertare l’attendibilità e credibilità di Tizio ( esempio banale: Tizio dice che era notte e c’era la luna piena, occorrerà verificare se effettivamente quella era una notte di luna piena perché, se in giudizio la difesa può dimostrare che in realtà non c’era la luna piena, Tizio perderà la sua credibilità). Dovrà resistere alle contestazioni poste nel corso dell’esame incrociato quindi la p.g. fin da subito dovrà sincerarsi sulla attendibilità della rappresentazione fatta dal teste sottoponendolo a verifiche circa la sua capacità cognitiva ed a riscontri puntuali su ogni particolare da egli riferito.

Infatti, di fronte alla classica prova indiziaria ove da un fatto provato occorre ricavare l’esistenza di un ulteriore fatto da provare nei confronti dell’imputato, le varie circostanze indizianti devono essere rigorosamente legate tra di loro così da poter escludere una differente ricostruzione del fatto.

La regola si ricava dall’art. 192 c. 2° c.p.p. “ l’esistenza di un fatto non può essere desunta da indizi a meno che questi siano gravi, precisi e concordanti”.

L’indizio è grave se resiste alle contestazioni; è preciso quando non può essere interpretato diversamente; sono concordanti quando tutti portano alla stessa conclusione.

Ecco perché ogni circostanza indiziante deve essere ampiamente riscontrata dalla p.g. perché altrimenti si costruisce un castello senza fondamenta.

Il giudice, non potendo rappresentare direttamente il fatto, deve dimostrare come questo è probabilmente avvenuto avvalendosi del materiale probatorio trasmesso dalla p.g., spiegando il suo iter argomentativo nella motivazione della sentenza.

Anche se si arriva a processo solo dopo che g.i.p. e g.u.p. nei casi previsti abbiano ritenuto sostenibile l’accusa in giudizio, occorre essere franchi ed ammettere che nella fase delle indagini preliminari, la difesa ha poco spazio  e sia il g.i.p. che il g.u.p. si avvalgono in prevalenza da quanto rappresentato dall’accusa e, in diverse occasioni, assistiamo che non viene superato il vaglio del contraddittorio proprio perché il castello costruito non poggia su solide fondamenta.

Dott. Sauro Brugnoni

Ufficiale di Polizia Locale

 

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