Consenso al prelievo ematico: si o no?
Con l’entrata in vigore della legge 23 marzo 2016 n. 4, meglio conosciuta come quella legge che ha “risolto” il problema degli incidenti stradali con morte o con lesioni gravi e gravissime di qualcuno e definita la legge sull’omicidio stradale, il rilievo degli incidenti stradali è diventato, come dire, più complicato nel senso che il rilievo non è cambiato ma occorre maggiore attenzione anche ai minimi particolari e ai diritti delle persone coinvolte. Una qualche dimenticanza, infatti, può portare a conseguenze negative nel senso che il lavoro fatto sul posto potrebbe non essere più utilizzabile in sede penale.
Si fa riferimento ai diritti vari delle persone coinvolte nel senso che devono essere non solo avvisati dei loro diritti (farsi assistere dal proprio avvocato, ad esempio) ma anche della richiesta del consenso, quel consenso che ognuno di noi ha conosciuto in ambito sanitario dove, ad ogni piè sospinto, fanno firmare un consenso informato la cui lettura non genera certo tranquillità.
Tornando al consenso in tema di incidenti stradali si fa riferimento a quello da richiedere (o meno) prima di effettuare atti nei confronti della persona coinvolta per accertare la guida in stato di ebbrezza ad esempio.
Nel caso in esame siamo di fronte ad una persona coinvolta in un incidente stradale che è stata trasferita al pronto soccorso e per il quale l’organo di polizia stradale, che sta rilevando l’incidente stradale in cui quella persona è coinvolta, ha chiesto la rilevazione dello stato di ebbrezza tramite esame del sangue.
Viene quindi spontanea la domanda e cioè se la persona ha, non solo il diritto di sapere che gli viene estratto del sangue per fare un esame per la verifica dello stato di ebbrezza, ma anche di poter rifiutare che gli venga eseguito questo esame. Merita anche ricordare che l’esame può essere effettuato tramite il prelievo di sangue che il pronto soccorso ha fatto o farà per le sue ricerche mediche o per un prelievo specifico richiesto dalla polizia giudiziaria se il pronto soccorso non ha bisogno di fare alcun prelievo.
Dobbiamo anche ricordare e rileggersi l’art. 32 della Costituzione italiana che dice:
A queste domande risponde la Corte di Cassazione Penale sez. VII con la recente ordinanza del 3/1/2017 n. 98 (leggi).
La Corte risponde al ricorso presentato da una persona, alla quale è stato fatto un accertamento ematico, che lamenta “violazione della legge penale con riguardo alla inutilizzabilità dei risultati dell’accertamento ematico effettuato presso il pronto soccorso dell’ospedale di Pesaro su richiesta della Polizia giudiziaria quanto all’accertamento del tasso alcolemico stante l’assenza di un suo consenso al prelievo ematico”.
La Corte precisa che “Il ricorso è manifestamente infondato. Secondo costante indirizzo di questa Corte, i risultati del prelievo ematico, effettuato a seguito di incidente stradale durante il successivo ricovero presso una struttura ospedaliera pubblica su richiesta della polizia giudiziaria, sono utilizzabili nei confronti dell’imputato per l’accertamento del reato di guida in stato di ebbrezza, trattandosi di elementi di prova acquisiti attraverso la documentazione medica e restando irrilevante, ai fini dell’utilizzabilità processuale, la mancanza del consenso”.
Richiamando altra precedente sentenza, la Corte ha, inoltre, chiarito che “il prelievo non sarebbe effettuabile laddove il paziente rifiutasse espressamente di essere sottoposto a qualsiasi trattamento sanitario” ma conferma che “la mancanza di consenso dell’imputato al prelievo del campione ematico per l’accertamento del reato di guida in stato d’ebbrezza non costituisce una causa di inutilizzabilità patologica degli esami compiuti presso una struttura ospedaliera, perché la specifica disciplina dettata dall’art. 186 del nuovo codice della strada non prevede alcun preventivo consenso”.
Chi scrive prende atto di quanto asserisce la Corte ma esprime un dubbio e cioè come fa una persona a rifiutare il prelievo ematico se prima di effettuarglielo non lo si informa? Quindi, chiaramente, se il pronto soccorso effettua, a fini sanitari, un prelievo ematico, dopo aver chiesto il consenso da parte della struttura sanitaria, e sopraggiunge la richiesta della polizia giudiziaria per la verifica dell’ebbrezza, nessun problema pare sussistere. Nel caso, invece, il prelievo debba essere effettuato solo per la richiesta della polizia giudiziaria sembra ovvio che la comunicazione alla persona debba essere fatta (e quindi gli va chiesto il consenso) se, come dice la Corte, la stessa può rifiutare. Si tratta, quindi di una semplice richiesta che, insieme alla risposta è importante e conviene verbalizzare o, se non possibile, quanto meno…annotare.
E’ ovvio che poi il prelievo andrà ugualmente fatto, se necessario a fini giudiziari, e quindi dovrà intervenire il PM, su richiesta telefonica della polizia giudiziaria, con un’autorizzazione verbale subito e scritta, in un momento successivo, a far effettuare il prelievo e ad accompagnare il paziente presso un pronto soccorso, se non già presente sul luogo, in modo coattivo. A questo punto merita ricordare che il medico deve essere nominato in qualità di ausiliario di polizia giudiziaria ai sensi dell’articolo 248 del Codice di Procedura Penale, e naturalmente la nomina deve essere verbalizzata e anche il medico deve avere la sua informazione questa volta “non consensuale”.
A tal fine si ricorda che il medico è tenuto a svolgere un’attività obbligatoria e rifiutandosi potrebbe incorrere nel reato di rifiuto di atti legalmente dovuti secondo l’articolo 366 del Codice di Procedura Penale. Ma, prima di chiudere l’esame di questa sentenza corre l’obbligo, per chi scrive, di farsi una domanda. E se il medico rifiutasse l’ordine? Non si vede perché il medico dovrebbe rifiutarsi di fare un atto che gli compete ma se il paziente non dovesse essere tanto paziente ma, al contrario, molto agitato e il medico non se la sentisse di effettuare un prelievo per la sua e per l’altrui salute, si tratterebbe di verificare, in tempi successivi, se un giudice, davanti al quale dovrebbe comparire, lo condannerebbe o meno.
Ma al Corte di Cassazione dice anche altro e con una ancora più recente sentenza (4236/2017 leggi qui), contro un conducente di un veicolo che rifiuta il prelievo ematico, dice che “Quindi pur non sussistendo la possibilità di limitare la libertà personale dell’individuo e dovendone rispettare la libertà di rifiutare cure mediche, la manifestazione di volontà contraria al prelievo configura un reato e non solleva l’imputato dal dover rispondere della guida in stato di ebbrezza”.
Il cerchio quindi si chiude completamente e, alla fine, il reato si configura anche se non c’è, come dire, la prova provata, perché non necessaria vista la necessità di rispettare la libertà di rifiutare le cure mediche.
Dr. Franco Simoncini
Dirigente/Comandante Polizia Municipale a/r